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  • Immagine del redattoreCoachtree Andrea Cenni

Nicola Donti introduce al concetto di LEGGEREZZA nel nostro quotidiano








1. “Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, è non avere macigni sul cuore”. Da "Lezioni americane", I. Calvino

2. “Chi agli uomini insegnerà di volare avrà con ciò infranto tutte le pietre miliari; voleranno, esse, tutte per aria ed egli ribattezzerà la terra con questo nome: «la leggera». Lo struzzo corre più veloce del più rapido cavallo, ma esso ancora nasconde la testa nella sabbia pesante; e così fa l’uomo, che non sa per anche volare. Gli pesano la terra e la vita; così vuole lo spirito della gravità! Ma chi vuol diventare leggero e gareggiar con gli uccelli, deve amare sè stesso: — questo io insegno”. Così parlò Zarathustra - F. Nietzsche


Seguendo il filo rosso tracciato da queste due citazioni, solo apparentemente distanti nello spazio e nel tempo, seguiremo attraverso il mito di Perseo e della Medusa proposto da Calvino per descrivere il suo modo di affrontare le incombenze, le sofferenze e rischi che la vita ci mette davanti. Per sconfiggere la Medusa e decapitarla senza farsi pietrificare e utilizzarla successivamente come arma, Perseo deve utilizzare stratagemmi e accorgimenti, primo fra tutti quello di essere veloce, agile ma soprattutto, leggero. È per questo che indosserà dei sandali alati che lo faranno arrivare in volo e dall’alto, guardandosi bene dal rivolgerle direttamente lo sguardo, si avvicinerà a lei solamente osservando la sua immagine riflessa nello scudo di bronzo. Proprio questo passaggio implica un richiamo ad un modo nuovo, diverso, di guardare la realtà, una "rivoluzione" secondo l'accezione che troviamo nel libro VII della Repubblica di Platone dove, con il celebre Mito della Caverna, il filosofo greco descrive il movimento che lo schiavo compie rivolgendo il suo sguardo verso l'ingresso della caverna e dando inizio al suo processo di auto-liberazione dalle pesanti catene della schiavitù della ragione.

Un modo, che possa restituire leggerezza, anche ricorrendo all’ironia, potente motore di leggerezza per affrontare la realtà in maniera tale da non farci soccombere di fronte alla sua ineluttabilità. Tant’è che lo scrittore scrive: “Perseo si sostiene su ciò che vi è di più leggero, i venti e le nuvole; e spinge il suo sguardo su ciò che può rivelarglisi solo in una visione indiretta, in un'immagine catturata da uno specchio”. Il rifiuto della visione diretta delle cose non coincide quindi necessariamente con il rifiuto della realtà del mondo ai nostri occhi e che, nonostante tutto dobbiamo portarci appresso. Dobbiamo, come ha dovuto fare Perseo, imparare a utilizzare la realtà principalmente in modo che non ci faccia male e successivamente per superare, affrontandole, le avversità. È più o meno a questo punto del ragionamento che, entra in scena l’umorismo: esso infatti è per l’autore il comico che ha perso la pesantezza corporea e mette in dubbio l’io e il mondo e tutta la rete di relazioni che li costituiscono. Ma per ottenere la gravità senza peso è necessario che avvenga una fusione, una connessione speciale tra umorismo, ovvero il comico che ha perso la pesantezza e la melanconia, cioè la tristezza diventata leggera. Humor e melanconia mescolati insieme, quindi rappresentano la leggerezza della pensosità citata in precedenza. Leggerezza della pensosità come reazione al peso di vivere. Giorello (“La danza della parola”), “L’ironia è un’arma di costruzione di massa. Nel senso che è a disposizione di tutti: capace di smantellare intere fortezze, sa anche edificare castelli in aria. Non c’è fortezza che essa non possa smantellare infiltrandosi con le sue domande impertinenti. Ma sarebbe sterile se si limitasse a distruggere. L’ironia non si accontenta, dunque, di radere al suolo le fortezze di sabbia che man mano gli esseri umani costruiscono; invece, sa edificare lei stessa nuovi castelli, a patto che si sia consapevoli che questi sono veri e propri castelli in aria”. “L’ironia è uno strumento di conoscenza”, indiretto leggero e perciò più penetrante. “Quando qualche soggetto buono o cattivo è migliorato o aggravato dalla violenza delle nostre passioni, dall’ammirazione entusiastica o dalla paura, l’applicazione del ridicolo è la via più rapida per riportare la nostra vivida immaginazione al valore e all’importanza reali della cosa. Il ridicolo offre una sorta di contrappeso alle nostre menti; così che, riflettendo, esse possano meglio ricomporsi secondo una giusta conformità a natura.

“Chi di voi sa ad un tempo sentirsi esaltato e ridere?

Chi è salito sui più alti monti, ride di tutte le tragedie del teatro e della vita.

[…] Voi mi dite: «la vita è difficile a sopportare». Ma allora a che cosa vi servirebbe al mattino il vostro orgoglio e alla sera la vostra rassegnazione? La vita è difficile a sopportare: per carità, non pretendete d’essere tanto delicati! Noi tutti insieme siamo asini e asine destinati ad essere caricati.

Che cosa abbiam noi di comune col bocciolo della rosa, il quale trema per il peso di una goccia di rugiada?

È vero: noi amiamo la vita, non già perchè siamo assuefatti alla vita, bensì perchè siamo avvezzi ad amare.

C’è sempre una qualche parte di follia nell’amore. Ma anche nella follia c’è una parte di ragione.

Ed anche a me — che amo la vita, e le farfalle e le bolle di sapone e ciò che loro assomiglia tra gli uomini — sembra di conoscere meglio d’ogni altro la felicità.

Veder svolazzare coteste animelle leggere, svelte, graziose — ciò seduce Zarathustra al pianto ed al canto.

Io potrei credere solo a un dio che sapesse danzare. E quando ho visto il mio demonio, l’ho sempre trovato serio, esatto, profondo, solenne: era lo spirito di gravità, per lui precipitano tutte le cose. Non con la rabbia, col riso si uccide. Orsù, uccidiamo lo spirito di gravità. Ho imparato a muovermi: da quel momento mi lascio correre. Ho imparato a volare: da quel momento non voglio più essere urtato per smuovermi. Adesso sono leggero, adesso volo, adesso mi vedo al di sotto di me, adesso è un dio che si serve di me per danzare.


F. Nietzsche, da Del leggere e dello scrivere (in Così parlò Zarathustra)

incontro tenuto nelle Marche maggio 2022

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