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  • Immagine del redattoreCoachtree Andrea Cenni

#Parte terza - Nuoto.

Paura


“La paura emerge quando il contesto è dominato dalla minaccia del dolore o dalla sua percezione: in questo caso si è pervasi dal desiderio di scappare o comunque di allontanarsi dalla fonte del dolore, sia questa reale o immaginaria.”


Questa definizione riportata su Wikipedia ci mette in risalto anche l’ambiente acquatico con i nostri bambini.

Dopo i miei due post ho ricevuto alcune domande e questo aspetto è il primo che voglio trattare.

È frequente sentire dire dai genitori che “mia figlia ama l’acqua, è felice ed è attratta ci gioca e proprio un bel pesciolino!”


Si è vero, la sensazione dell’acqua è piacevole e di solito “queste vaschette” le adorniamo di piccole cose colorate e attraenti; quindi se l’esperienza è piacevole si manifesta la gioia ed il sorriso e questo si traduce all’occhio dei genitori in predisposizione.


Questo avviene però anche se faccio vedere ad un bimbo la fiammella dell’accendino, ne è attratto, gli piace e vorrebbe prenderla. Ma che ne pensate se si dovesse bruciare? La risposta è ovvia.


Lo stesso vale per l’acqua. Purtroppo le esperienze non sempre si traducono in piacevoli, a volte bastano pochissimi attimi di disattenzione e l’incidente potrebbe causare spiacevoli conseguenze come “ la paura dell’acqua”.

Sono più frequenti di quanto crediamo per una miriadi di ragioni ma non è sulle cause che voglio concentrarmi ma sulle soluzioni al problema.


La paura è un emozione importante e va saputa affrontare attraverso un emozione più forte, che susciti nel bambino di nuovo quell’interesse e quel piacere “della funzione”.

È il genitore che per primo dovrà affrontare con se stesso quanto il valore dell’insegnamento del nuoto, sia importante per lui e per suo figlio perché è da questo primo step che bisogna sempre partire.


Ho sempre considerato il valore dell’insegnamento del nuoto pari ad altre discipline, come lo studio, la scuola, il tempo libero e lo sport ma facendo come lavoro proprio l’istruttore e ripensando ai miei ricordi di ragazzo ringrazio mia madre di aver pensato a questo aspetto e ho voluto che i miei figli sapessero almeno muoversi naturalmente in acqua profonda. Oggi è un pensiero molto diffuso in tantissimi genitori, anche per il fatto che sono cresciute le piscine adiacenti alle case e che ahimè hanno causato tantissimi incidenti e per questo molti genitori vogliono correre ai ripari.


Quindi come fare se tua/o figlia/a ha subito una esperienza negativa?


La pazienza deve farla da padrona su di noi e loro dovranno fare esperienze di assoluta sicurezza agendo su dinamiche relazionali che evidenzino il valore assoluto del bambino, portandolo a fare cose che lui sente la possibilità di affrontare.

Ad un bambino di 3-4 anni puoi chiedere

“ Tesoro comprendo il tuo timore, pensi di essere in grado di rimanere attaccato al bordo con le mani?”


Quello che è necessario è fargli provare sensazioni di rispettabilità sulla sua identità, come: so che sei un bambino coraggioso, capace e attento e che quindi sei in grado di affrontare questa sfida… ( fargli vedere con deve fare!) Entra in acqua aggrappandoti al bordo e muoviti senza lasciar le mani … fino a me!


Questa è il fondamentale da dover ri-creare in caso di paura vissuta! Quando tuo figlio saprà tornare a questa fase a poco a poco riconquisterà fiducia in se stesso e potrai affrontare lo step dell’acqua sul viso e del volto completamente immerso con i giochi espressi nel post precedente.


Per rispondere all’’altra domanda sul fatto che “sei un genitore e non un istruttore” rispondo che è vero quello che affermi, ma credo anche che conoscere quali sono le giuste “esperienze di base” per costruire la disponibilità in tuo figlio nel seguirti in acqua e a fidarsi delle persone sia importante per il proseguo futuro.



Nella prima foto la posizione di base aggrappato al bordo

Nella foto successiva inizio di spostamento

I primi successi di disponibilità!






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