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  • Immagine del redattoreCoachtree Andrea Cenni

Quell’urlo seducente.




Tra le mie osservazioni sulle caratteristiche di come un allenatore possa incidere presso i ragazzi che allena, è arrivata in aiuto senza dubbio la ricerca e le scoperte scientifiche provenienti delle neuroscienze che hanno coinvolto anche il nostro settore.

Tantissimi sono gli studi di cui possiamo beneficiare, anche per le traduzioni simultanee o quanto meno a distanza di pochissimi giorni dalla loro pubblicazione, se non se ne conosce la lingua. Purtroppo per molti anni abbiamo usufruito di alcune “pubblicazioni” che arrivavano dall’estero solo due anni dopo dalla loro uscita.


Ci sono abitudini molto radicate negli allenatori che a volte rischiano di creare un effetto contrario rispetto al proprio volere. È chiaro che ogni allenatore con i suoi interventi, vuole apporre, oltre ad una strategia vincente, anche un sostanziale supporto ai propri atleti sia nel prepararli e nel farli riuscire, sia nel riprenderli da un errore.


Un allenatore riesce a vedere quel potenziale ancora nascosto pur sapendo che per mettere in atto le azioni che porteranno ad un incremento e perfezionamento delle abilità, c’è bisogno, da parte dell’atleta, di quell’imprescindibile disponibilità dettata dal massimo impegno. A volte diamo per scontato che impegno, o impegnarsi sia un significato di facile comprensione, ma questo per un atleta soprattutto giovane non lo è. Ecco allora che arrivano a sostegno delle regole che il più delle volte, anche queste, sono “poco dichiarate” o lasciate a sé, salvo poi tirarle in ballo solo quando ci accorgiamo che vengono disattese.

Cosa significa impegnarsi?

Questa slide ci è di aiuto in vari momenti (specialmente con gli adolescenti) sopratutto per formulare dei significativi richiami durante l’attività.




Passiamo ora al richiamo.

Cosa è il richiamo?

A questa domanda racconto una mia esperienza giovanile di allenatore. Personalmente ero uno che urlava molto ai propri atleti (anche un po’,per forza di cose, perché nel nuoto con la cuffia e l’acqua, l’ambiente non aiutava a parlare con un normale volume) e nonostante che ai tanti questo apparisse come un segno di incitamento, alcuni ne venivano intimoriti suscitando reazioni emotive di chiusura, di disagio sopratutto per via dei confronti con i coetanei che tradotto, non era proprio un granché se lo scopo era di metterlo nel miglior agio a fare meglio. Una volta poi...🤦🏻

Un volta mi accadde che manifestando tutto il mio supporto nei confronti di un mio giovane atleta che era in testa ad una gara di nuoto e... urlando dalla gioia daiiiii… vai…forzaaaaa…come mi era consueto fare, per incitarlo a dare tutto negli ultimi metri … lui .... si fermò pensando che lo volessi fermare… e dalla prima posizione passò subito a quarto. Tralascio il mio “linguaggio del corpo” e il mio rammarico per essermi sentito responsabile ed averlo così deluso. Da quel giorno ebbi una sonora lezione. Un autentico disastro.


Una correzione un richiamo, una critica, una punizione, un rimprovero sono tra quei feedback che fanno davvero la differenza su come li fai, tra il riuscire e il fallire, tra il vincere o perdere.


Un noto allenatore ha detto:


Riporto qui uno studio condotto già nel 1975 - -

Rolland Tharp e Ron Gallimore (1975) condussero uno dei primi studi nel tentativo di definire e analizzare le attività di un allenatore di pallacanestro riconosciuto come esperto. Per questo, gli autori hanno creato uno strumento per identificare i metodi o metodi relativi alle attività di allenamento (Coaching Behaviors Recording Form ou “CBRTF”). Hanno notato che il 75% delle attività di John Wooden (allenatore seguito per un’intera stagione) sono state condotte per fornire “istruzioni” o “consigli”. Queste istruzioni erano di solito mirate, deliberate al momento e accompagnate alla formazione degli atleti durante l’azione di gioco, John Wooden sembrava avere la capacità di dare feedback e indurre miglioramenti quasi istantanei ai giocatori.


Vedi scheda:




Quando come allenatori interveniamo nei confronti dei nostri atleti (specialmente nei bambini) abbiamo il dovere, oltre che della conoscenza, di comprendere che cosa è arrivato realmente del nostro messaggio. Sempre meglio accertarsi su cosa ha capito l'atleta rispetto al nostro intento, facendogli domande, fonte primaria del rapporto che costruiamo con loro sul campo di allenamento.

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Finisco riportando questo scritto trovato nel web “(…) Dare e forse ricevere, motivare, incoraggiare e sdrammatizzare credo siano elementi base del rapporto allenatore/atleta così come, la capacità di trasmettere e di creare quotidianamente un dialogo corretto, sia il sale di un corretto, stabile e duraturo rapporto.”

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